La storia dell’olio dell’oliva e della coltivazione dell’olivo, è proprio il caso di dirlo, affondano le loro radici in un passato assai remoto.
Le prime testimonianze dell’utilizzo dell’olio di oliva, infatti, risalgono addirittura al 4000 a.C., in Armenia, in Palestina e in India, e da sempre, oltre ad essere utilizzato per scopo alimentare, viene apprezzato per le sue innumerevoli doti e proprietà, per cui ne venivano fatti anche ulteriori usi, ovvero come unguento per la pelle, per alimentare le lampade e come medicinale.
Ai Greci dobbiamo la diffusione della pianta dell’olivo in tutto il bacino del Mediterraneo e ai Babilonesi la regolamentazione della produzione e vendita dell’olio di oliva, presente, niente meno che nel codice di Hammurabi.
Con il tempo, dal Mediterraneo l’olivo si sposta tanto quanto si estendono i confini dell’Impero Romano, fino, perciò, al Nord Europa. Sono i proprio i Romani che, intuendo il grande potere commerciale dell’olio di oliva ne proposero una classificazione, dando vita ad un mercato variegato e sempre più florido.
Purtroppo, però, con la caduta dell’Impero Romano anche la coltivazione dell’olivo subì grandi limitazioni, per cui l’estensione degli uliveti si ridusse a pochissimi territori.
Solo nel Medioevo viene riscoperto il grande potenziale commerciale dell’olio di oliva, per cui viene ridato impulso alla coltivazione degli oliveti e alla produzione di olio, tanto da fare dell’Italia, con il tempo, il paese maggiore produttore di olio al mondo – dal 1400 in poi.
Nel Settecento nasce una vera e propria catalogazione dell’olivo e dei suoi frutti, classificati a seconda della provenienza geografica, per cui anche in Italia si vanno delineando quelle che saranno le aree – le regioni – a maggiore vocazione olivicola.
In più, l’economia in continua crescita incentiva la coltivazione degli olivi, e la fama dell’oro giallo si espande, raggiungendo così la maggior parte dei Paesi europei, fino a giungere nel Nuovo Mondo.
Prima di arrivare ai giorni nostri, però, l’olio di oliva ha vissuto una sorta di svalutazione: sin dai primi del ‘900 e fino a tutto il secondo dopoguerra veniva visto come “povero” e gli venivano preferiti i “più ricchi” grassi animali.
Fortunatamente, la riscoperta della sua naturale ricchezza avvenuta alla fine del secolo scorso lo ha riportato agli onori che merita, principe della dieta Mediterranea e uno dei prodotti alimentari italiani più amati e più esportati nel mondo.
Fonte U.N.A.P.OL